Italia Africa in bici: intervista a Filippo Graglia

Ciao a tutti! Nell’intervista di oggi “pedaleremo” molto lontano. Dove, vi starete chiedendo? Faremo Italia Africa in bici grazie alle parole di Filippo Graglia, viaggiatore e sognatore romantico come si definisce lui stesso. Ora mettetevi comodi e lasciatevi trasportare e ispirare dal suo incredibile racconto di viaggio, forse IL viaggio della vita.

Chi sei

Mi chiamo Filippo, sono nato a Torino 33 anni fa e cresciuto tra i vigneti di Castelnuovo Don Bosco anche se spesso ero in officina da mio zio. La meccanica si faceva spazio sull’agraria, fin da giovane. Negli anni seguenti ho studiato ingegneria aerospaziale al Politecnico a Torino e poi sono entrato nel mondo del lavoro in una bella azienda del Torinese. Nel frattempo ho scoperto la montagna e molte attività che comportano la possibilità di connettermi alla natura in questo ambiente: scialpinismo, arrampicata, mtb e trekking. Tanto di ciò che ho appreso negli ultimi anni lo devo ai monti e agli amici con cui sono stato lassù. Ho lasciato il mio lavoro a dicembre 2017 per inseguire un mio sogno.

Che viaggio hai fatto e dove?

Tra il 2018 e il 2019 ho attraversato l’Africa in bicicletta lungo la costa atlantica. Partito da casa il 2 gennaio, mi son diretto verso Gibilterra, percorrendo la costa francese e parte di quella spagnola, prima di buttarmi all’interno attraverso la splendida Andalusia.

Da lì pochi chilometri di mare mi separavano dal Marocco, terra che ho attraversato e adorato nei tre mesi successivi. In ventiquattro giorni ho attraversato il Sahara, prima di tuffarmi nella foresta, che ha definito i contorni del mio viaggio per i seguenti nove mesi. In pochi momenti ho sporto la testa fuori dalla vegetazione: sulle montagne della Guinea,  sulle spiagge della Sierra Leone e della Liberia, o con una decisiva deviazione verso il Sahel, in Burkina Faso. Ho accarezzato il cuore di tenebra del Congo prima di abbandonare il verde, per tornare nel deserto, in Namibia. Infine, il 2 agosto 2019 mi son tuffato laggiù dove Oceano Atlantico e Indiano si incontrano.

Chi Perché hai intrapreso questo viaggio? E perché proprio Italia – Africa?

Sono sempre stato una persona razionale, o perlomeno così pensavo. Ma allo stesso tempo sono una di quelli che una mattina si sveglia, prende il telefono per chiamare un amico e gli propone: “Spedizione su un ghiacciaio in Alaska, a Pasqua?”. Quindi forse tanto razionale non sono. Mi accorgo ora di essere invece un sognatore romantico. E un viaggio di questo tipo l’ho sognato spesso in tante forme diverse e non necessariamente concrete. Nel frattempo accaddero due tristi eventi che furono decisivi. Tutto in una settimana. La sofferenza è parte fondamentale della vita e bisogna saperne cogliere gli insegnamenti. Una notte mi svegliai e mi accorsi che non stavo più sognando, una parte di me aveva già iniziato il viaggio. I giorni successivi ero pervaso da una sensazione di euforia; ricordo che alcune volte mi guardavo attorno per osservare se non ci fosse qualcuno nelle vicinanze, prima di urlare di gioia. Se qualcuno mi avesse visto, sarei passato per uno un po’ svitato probabilmente. Un amico mi ha detto che il mondo ha bisogno dei matti, o perlomeno quelli che la società reputa tali. E sono assolutamente d’accordo con lui.

La scelta è ricaduta sull’Africa perché è l’unico continente che mi ha chiamato a cui ho risposto con il cuore, tutti gli altri sarebbero stati una scelta ragionevole. 

Ma sin dal primo giorno Cape Town non è stata la meta. Questo era il mio primo viaggio di lunga durata e son partito consapevole delle difficoltà, per cui ho stabilito tappe intermedie da raggiungere. Ma il focus è sempre stato sulla giornata. Credo sia ciò che mi ha permesso di proseguire, ossia non pensando al Grande Viaggio ma impegnandomi a cogliere il meglio (e imparare dal peggio) di ogni giorno. Una delle molte cose che il viaggio mi ha insegnato è proprio questa. Son partito con la consapevolezza che sarei tornato sui banchi di scuola, per apprendere quello che la Vita ha da insegnarci.

Perché sei partito in bicicletta per il tuo viaggio Italia Africa?

Penso abbia molti aspetti comuni con l’andare a piedi. Li accomuna la lentezza; entrambi rallentano il mondo attorno al viaggiatore, mettendolo in condizione di scambiare un sorriso con chiunque incontri per strada. Il continente africano si sposta a piedi, si sposta in bici. Pone il viaggiatore e l’indigeno allo stesso livello, anzi, talvolta sposta l’ago della bilancia verso i residenti ed è il viaggiatore a doversi fidare, a doversi esporre e domandare per un posto dove dormire. Certo, è una posizione scomoda, ma qual migliore maestra, se non l’umiltà, per imparare come va il mondo e come prendervi parte?

Il viaggio in bici è sufficientemente rapido da coprire, a piacere, anche duecento chilometri in una giornata e sufficientemente lenta da permettere di vedere una colonna di formiche che attraversa la strada. 

Ultimo, non meno importante aspetto, è l’appagamento che mi dà pedalare in certi luoghi, o la goduria di buttarsi a tutta velocità giù per un sentiero nei boschi.

Ecco perché viaggio in bici. Nonostante ciò non mi precludo nuovi modi di esplorare in futuro.

Cosa hai messo nello zaino e quale attrezzatura hai usato?

Come in ogni viaggio (e sembra non impari mai) sono partito con molta più attrezzatura del necessario. Avevo con me tutto il necessario per campeggiare, dal fornello (a benzina) a un comodo cuscino gonfiabile. Ho viaggiato con indumenti per climi caldi e freddi. Questi ultimi li ho rispediti a casa quando ho raggiunto Cadiz: ho patito il freddo per alcuni giorni sulle montagne dell’Atlante, ma ho liberato parecchio spazio che ho potuto riempire con numerosi ricambi e tools per la bici, introvabili in buona parte del continente. La bicicletta è stata preparata apposta per questo viaggio. Copertoni tubeless da tre pollici mi hanno permesso di galleggiare su ogni superficie, il cambio monocorona ha semplificato la meccanica, una sella Brooks e un dropbar hanno migliorato il comfort. 

Per la navigazione, oltre alle immancabili mappe cartacee mi sono affidato allo smartphone e all’applicazione Mapy.cz. Viaggiavo con un piccolo laptop per svolgere funzioni base (internet, trasferimento foto, appunti), una mirrorless Olympus tropicalizzata abbinata a un fantastico 12-40 f2.8, un segnalatore satellitare SPOT e, pessima idea, una action cam di infima qualità che ha guastato le riprese. Il tutto alimentato con un powerbank da 20000 mAh.

Qual è l’oggetto che non può assolutamente mancare nel tuo zaino?

Domanda difficile. Son partito con parecchio bagaglio, riducendolo sempre più nel corso del viaggio. Tra gli oggetti rimasti potrei dire che tutto e niente era indispensabile. Per riposare bene è stato fondamentale un materassino di ottima qualità. E ho apprezzato molto le possibilità che una tenda free-standing offre, dovendo spesso montarla in stanza o comunque su superfici dure. Oh, un clacson trombetta è stato un eccellente intrattenimento e rompighiaccio in moltissime situazioni.

Ho sentito tanto la mancanza di uno specchietto retrovisore, di cui mi son dotato per il viaggio successivo.

Hai visitato qualche progetto di Onlus lungo il percorso Italia Africa? 

Non per mio diretto interesse, ma ho incrociato sulla mia strada parecchie Onlus. Love Bridge Health Center è un fondamentale ospedale in Sierra Leone, gestito da Padre Ignazio, sardo. Mi affiancò con la jeep su una pista nella foresta, dopo pochi istanti mi invitò a pranzo e a visitare il centro. Allo stesso modo, o per passaparola, ho conosciuto parecchie altre ONLUS. Non sempre chi ci lavora mi ha espresso pareri positivi sull’operato e sulla gestione; ho più volte sentito lamentare uno sperpero di fondi, disorganizzazione e abbandono a sé stessi. In tutto ciò ancora non mi sono fatto un’idea definitiva sull’utilità delle ONLUS nel continente. 

Quanto è costato il viaggio Italia Africa e come sei riuscito a pagarlo? Se ti va di dircelo 🙂

Sono stato sufficientemente fortunato da fare un incidente in moto. Dopo quattro mesi di convalescenza i tempi erano maturi per partire. E ho investito tutto il premio dall’assicurazione in questo viaggio. A grandi linee ho speso 4000€ tra vitto e alloggio, 2000€  euro di visti e circa 2000€ per spese varie (parchi, ricambi, ospedale…)

Quali sono i tre luoghi che ti sono rimasti nel cuore nel tragitto Italia Africa?

A Fes c’è il souk dell’hennè. Un’incantevole e intima piazzetta, due alberi, una piccola moschea e parecchi negozietti. Lì conobbi un’amica, gestiva una delle botteghe, e trascorsi interi pomeriggi a osservare la vita che vi si svolgeva.

Non faccio che ripensare al Sahara:  per me è stato una lingua d’asfalto lunga quasi duemila chilometri a marcare il confine tra il deserto e l’oceano; qui, complici gli immensi spazi, il vento può sbizzarrirsi senza ostacoli sul cammino. La sabbia portata dal deserto si mesce all’umidità dell’aria, restando sospesa a lungo nell’aria prima di depositarsi su ogni cosa, sulle tende dei nomadi e sul mio panino. Un andare diverso dalle mie abitudini: trentamila colpi di pedale al giorno, ognuno uguale al precedente, dettano un ritmo ipnotico che conduce all’esplorazione di un panorama interiore, all’ascolto di sé. Ben presto ho capito che il Sahara non lo si conquista. La semplice idea di per sé è folle. Non c’è quasi vita tra le sabbie, pochi hanno saputo adattarsi alle regole e sopravvivere. Alberi solitari e uomini fieri. E loro stessi non lo hanno conquistato. Piuttosto si chiede permesso, ci si adegua alle sue regole sperando nella sua clemenza

Il parco nazionale di Lobeke è fuori dal mondo. Nella foresta primaria nel sud est del Camerun,  si raggiunge soltanto nella stagione secca e ospita gorilla, elefanti, bufali. Trascorsi tre giorni su una torretta d’osservazione, attendendo l’apparizione degli animali.

Ho numerosi singletrack in mente, percorsi a tutta velocità in un ambiente incredibile. Tra tutti forse i sentieri nei boschi a sud di Huambo, in Angola, li ricordo con particolare gioia. Difficile da spiegare, ma chi pedala conosce l’euforia che prende in alcuni momenti particolarmente flow.

Quali sono i posti più suggestivi dove hai dormito?

Avendo viaggiato ben fuori dalle rotte turistiche, raramente incontravo hotel sulla mia strada: nel corso del viaggio sono stato ospitato moltissime volte nei villaggi, o dormivo in tenda. 

Dormii (eufemismo) nel cassone aperto di un treno merci diretto nel cuore del Sahara in Mauritania. Pochi giorni dopo fui ospite di un signore romano, Riccardo, che da anni viveva con sua moglie maura in un’oasi nel deserto, a Toungad: a Camp Erch offrono ai viaggiatori esperienze autentiche di vita sahariana. 

Sono fortunato abbastanza che potrei continuare questa lista con moltissimi altri posti. Una serata incredibile la vissi in un villaggio (composto da cinque capanne) nella foresta della Guinea Bissau: non avevamo una lingua in comune, eppure ricordo vividamente l’energia e l’empatia di quella serata in compagnia.

Quali sono stati gli incontri più speciali nel tragitto Italia Africa?

Incontrai un angelo, nelle vesti di Suor Elisa, in un villaggio di pigmei Baka nella foresta equatoriale, in Cameroon. A più di trecento chilometri di strade sterrate dalla prima città, decisi di ammalarmi: una brutta malaria mi mise ko. Non ci fosse stata lei… chissà. “Ci sei andato vicino, ringrazia qualcuno lassù” mi disse il giorno in cui ci siamo salutati.

Amadou mi ospitò in Gambia. Quella sera, accanto alle braci ormai spente del focolare, mi stava raccontando il suo viaggio verso l’Europa, sulla via dei migranti. Per suo figlio, che nel momento del racconto dormicchiava sulle sue gambe, ritornò a casa.

Mister “USA2019”, un uomo con il cappellino con la suddetta scritta, mi seguì in moto per quaranta chilometri in una zona ad alto rischio della Nigeria. Pensavo che da un momento all’altro mi avrebbe rapito; invece mi scortò in sicurezza per tutto il tragitto, anche se lo realizzai soltanto qualche settimana dopo.

Incrociai una ragazza su un sentiero tra i campi, nell’ovest della Nigeria. Sulla testa trasportava un grosso contenitore con diversi strumenti da cucina. Come di consueto, per non spaventare chi incontro all’ultimo momento, già da lontano salutai e sorrisi. La ragazza mi udì e si voltò. Non una parola, non un urlo, ma nei suoi occhi apparve il terrore, gettò a terra il grande contenitore con un sonoro rimbombo e scappò via sul sentiero. Dopo un’ultima occhiata fugace si buttò nella boscaglia. Mi ritrovai avvolto dalla tristezza e da solo in mezzo alla boscaglia piansi.

Quali Se potessi fare un viaggio con una persona famosa (presente o passata), quale sceglieresti?ì

Che bella domanda! Da sempre fantastico di trovarmi nei romanzi dei grandi avventurieri del passato. Tra tutti, probabilmente avrei chiesto a Mr. Shackleton il permesso di imbarcarmi a bordo dell’Endurance, nella sua spedizione al polo sud.

La prima cosa che fai ogni volta che torni?

Nonna lo sa, mi prepara una porzione pantagruelica di tiramisù. E questa volta ero rimasto due anni con il pensiero di quel momento!

Dicci almeno tre canzoni che non possono mancare nei tuoi viaggi

Si sa, ogni viaggio ha la sua colonna sonora. Durante il mio percorso Italia Africa ho scoperto l’incredibile varietà musicale africana. Avrei centinaia di brani da suggerire, ne propongo alcuni da differenti regioni:

– Gambia, di Sona Jobarteh, ovviamente dal Gambia;

– La Victoire, Kerozen, la passavano ovunque in costa d’Avorio in quel periodo;

– Yolele, di Papa Wemba, DRC;

– Homem do saco, di Bonga, Angola

Quali sono i tuoi libri preferiti?

Una decina d’anni fa ti avrei risposto senza dubbio Il Signore degli Anelli. Cinque anni fa, forse il Conte di Montecristo. Oggi non saprei, leggo ancora molto, seppur principalmente letteratura di viaggio e reportage. Ho appena finito Bilal, del giornalista Fabrizio Gatti. L’ho trovato eccezionale.

Qual è il tuo sogno nel cassetto??

Mi vedo ancora a viaggiare. Ho nuove idee tutti i giorni, non soltanto in bici, ma a cavallo, in kayak… e forse anche a piedi. Mi piacerebbe imparare a monetizzare contenuti, per sostenermi e continuare questa vita, almeno per un po’ di tempo.

Qual è la frase o citazione preferita?

« Ma io non ne voglio di comodità. Io voglio Dio, voglio la poesia, voglio il pericolo reale, voglio la libertà, voglio la bontà. Voglio il peccato. » A. Huxley, Il mondo nuovo.

Dove ti possiamo seguire online?

Su Facebook, oltre alla mia pagina personale, racconto i miei viaggi sulla pagina Aroundabout2020. Su Instagram mi trovate come: filippo.graglia

Piccolo spazio pubblicità: promuovi la tua attività, il tuo progetto, prodotto o ciò che desideri 

Ho pubblicato lo scorso giugno il libro in cui racconto il mio viaggio africano. Son felice stia riscuotendo un buon successo. “All’orizzonte un Toubabou” è il suo titolo, lo trovate su Amazon e in alcune librerie di viaggio (sui social la lista completa).

Bene, siamo giunti al termine di questa emozionante intervista nonché incredibile storia di viaggio! Se vi siete persi l’intervista di Daniel Mazza aka Mondoaeroporto, la potete recuperare con un solo click qui.

Buona strada!

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